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Uno spettacolo ai tempi della crisi.
Uno spettacolo che racconta la crisi.
Uno spettacolo in crisi.

Krisis il leitmotiv di tutti i rivolgimenti sociali e psicologici.
Un cabaret tragicomico che pone domande sulla nostra identità personale e collettiva.

Un teatro-varietà invade la scena insinuando con allegra scanzonatura la violenza silenziosa che pervade la nostra società, mostrando il rischio e forse la paura che il vuoto che circonda i personaggi sia la condizione che accomuna tutti noi esseri umani. Uno spettacolo in cui tutti sono protagonisti: attori e spettatori, in bilico sul sottile confine che va disgregandosi e disfacendosi tra persona e personaggio, tra realtà e illusione.

ASPETTANDO ZAZÀ.

“Je suis la soubrette! La scenà! Le lucì! La musìque! La mascherà!”

Un po’ pagliacci, un po’ guitti, un po’ maschere, saggi o forse folli, sicuramente disincantati, maestri nel trucco e nell’inganno, Pucci e Tesoro avrebbero dunque il potere di divertire o rattristare gli spettatori, perché sono coloro che giocano con la vita, dicono spudoratamente la verità, mostrano la violenza, la cattiveria, l’arroganza.
Così, sulle impronte di beckettiana memoria, con l’accompagnamento di uno strano musicista, mettono in scena la loro tragicommedia. Nell’attesa, o forse nella speranza, che quando finalmente Godot arriverà, i loro sogni si avvereranno.

Fedele alla più fedele tradizione, il cabaret accende le sue luci criticando la realtà, scimmiottando la tv, affrontando lo spigoloso tema della cultura ai tempi della crisi attraverso una rete di riferimenti a un’arte oggi fatta da tutti (critici, terapeuti, storici, politici, psicopatici) meno che dagli artisti e chiudendo con un’esortazione che ancora si pone l’obiettivo di risvegliare le coscienze.
Pucci e Tesoro, l’angelo dalla spada fiammeggiante e il peccatore, l’umana antitesi psichica, la spinta verso l’alto e verso il basso, divise, separate.
Le due figure archetipo si vengono incontro e dovrebbero andar via insieme, perché le due figure incarnano il mito della riconciliazione dei contrari, dell’unicità dell’essere umano.

La favola dovrebbe finire così. Ma è tardi, i pagliacci non sono tutti uguali, Godot non arriverà oppure è già arrivato ma ha dimenticato la parte e il gioco della realtà – il grande Circo del Mondo – è talmente più scontato e volgare che le paillettes e i doppi sensi appaiono una piccola cosa immersa in un cosmo popolato di incrinature, silenzi, fatica del mestiere del far ridere.
Resta una questione dolorosa e aperta: “dove sta Zazà?”

Credits

Regia: Aldo Cassano
Testo: Magdalena Barile, Aldo Cassano, Elena Cerasetti
Con: Aldo Cassano, Natascia Curci, Antonio Spitaleri
Costumi: Lucia Lapolla
Realizzazione Scene: David Batignani
Luci: Beppe Sordi
Elaborazione Audio: Antonio Spitaleri

Con il sostegno di: Progetto Être / Fondazione Cariplo – Comune di Milano – Regione Lombardia – Pim Off

 

Press

www.puntoelineamagazine.it - Claudio Elli Nella sostanza, un’estensione al reality del teatro. Anzi, più precisamente, del non-teatro, di tutto ciò che non può concorrere al mito, che nasce dalla crisi profonda del linguaggio, della sua metastasi creativa e della crisi collettiva di un’identità che possa definirsi cultura. Spogliarello, razzismo, volgarità, con la partecipazione diretta del pubblico, tra cabaret e varietà con tanto di musica live. E, come la pantomima sul Macbeth insegna, il trionfo politico della farsa, con tanto di riprovazione selettiva da parte di alcuni spettatori. Ci si diverte con amarezza, poiché ciò che si vede non è l’elemento grottesco di un mondo parallelo segnato dal confine del palco con tutta la sua infusione onirica, ma l’esasperazione del presente, dei media, del gossip istituzionale, in un concentrato di acefalia dilagante. Il lavoro di Animanera, su testo di Magdalena Barile, Aldo Cassano ed Elena Cerasetti, è estremamente coraggioso: sembra l’urlo di un’umanità che vuole ancora esistere, e per dimostrarlo mostra esattamente ciò che siamo diventati facendoci ingoiare l’essenza velenosa che un’operazione mediatica ci somministra quotidianamente in piccole dosi avvolgendo le nostre esistenze. Uno spettacolo che corre il rischio di non essere capito fino in fondo nella sua denuncia, e che forse anche per questo merita il plauso per le intenzioni degli autori: quello di dimostrare che la tragedia del presente, è quello di aver fatto diventare la tragedia stessa una burla, spogliata da ogni dignità.

 

www.klpteatro.it - Renzo Francabandera Guarda la Video intervista