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MODA: Primieramente io che l’annullo o stravolgo per lo continuo tutte le altre usanze, non ho mai lasciato smettere in nessun luogo la pratica di morire, e per questo vedi che ella dura universalmente insino a oggi dal principio del mondo.
MORTE: Gran miracolo, che tu non abbi fatto quello che non hai potuto!
MODA: Come non ho potuto? Tu mostri di non conoscere la potenza della moda.

Giacomo Leopardi, Operette Morali, Dialogo della Moda e della Morte

LA MODA E LA MORTE

La Moda e la Morte sono sorelle, condividono un appartamento e governano il mondo. La Storia è una bambina capricciosa che gioca alla guerra e non vuole studiare. Battaglie, attentati, rivoluzioni entrano dal soggiorno di casa come apparizioni e non lasciano tracce sul tappeto fino a quando un uomo bello e fiero, un eroe o forse un terrorista, irrompe nella vita delle tre portando ardore e scompiglio…

Dall’attentato di Sarajevo del 1914 alla grande crisi finanziaria che sconvolge oggi l’Occidente, i fatti della Storia mondiale si mescolano a una galleria magica di apparizioni e la Moda e la Morte lavorano una contro l’altra a mantenere attivi i loro antichi campi d’azione, sempre più pericolosamente convergenti.

UNA FAVOLA NERA SULLA STORIA CONTEMPORANEA

La Moda e la Morte è una commedia nera sulla percezione sempre più confusa che abbiamo della Grande Storia e su come l’immaginario individuale dell’era digitale stia prendendo il sopravvento sui fatti.

Nella moltiplicazione dei segni e delle rappresentazioni, la Storia scompare sostituita dalle cronache sintetiche di Twitter, e mentre la Moda trionfa, imponendo tributi sempre più gravosi alla collettiva vanità, alla Morte non resta che adattarsi alla “non vita” dell’era digitale.

LA STORIA NON ESISTE?

Oggi la storia è un mosaico di autorappresentazioni quotidiane. Il rapporto uno a uno ha sostituito l’epica. In questo clima di sospensione drammatica, dove gli antichi conflitti hanno smesso di esistere non c’è più spazio per la grande Storia. Morte le ideologie, non esistono più grandi movimenti a cui aderire, i partiti politici durano una stagione. Focolai di rivolta tutti diversi e circoscritti si accendono e si spengono ogni volta che accendiamo il computer. Non è più chiaro chi siano i nemici ma è abbastanza chiaro che non si sa da che parte stare. Non esiste più una voce che ci racconta come stanno le cose, esistono miliardi di voci che ci danno la loro versione dei fatti, dirette sul web, foto dai luoghi del massacro, rivoluzioni arabe su twitter. Dopo la seconda guerra mondiale e i suoi genocidi, l’imperativo era la memoria, ora fra i diritti dell’uomo sembra primeggiare quello di essere dimenticato.

Credits

La Moda e la Morte

di Magdalena Barile

Regia: Aldo Cassano
Con: Benedetta Cesqui, Natascia Curci, Fabrizio Lombardo, Matthieu Pastore
Assistente regia e suoni: Antonio Spitaleri
Scene: Valentina Tescari
Costumi: Lucia Lapolla
Luci: Giuseppe Sordi
Organizzazione: Vanessa Radrizzani
Coproduzione Animanera / CRT Teatro dell’Arte

NEXT Laboratorio delle idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo – REGIONE LOMBARDIA

Con il contributo di FONDAZIONE CARIPLO

Press

delteatro.it - Renato Palazzi Con questo testo di Magdalena Barile, ispirato alle opere di Giacomo Leopardi, Animanera passa da una pratica performativa allo stato puro, basata sulla provocazione, a una riflessione più impegnativa sull’individuo di fronte alla Storia – Renato Palazzi È singolare come il gruppo Animanera sia passato da una pratica performativa allo stato puro, basata sulla provocazione, sullo spiazzamento fisico e sensoriale dello spettatore, a spettacoli che trattano soprattutto l’impegnativo tema della storia, del rapporto fra l’individuo e la storia. Affrontavano ovviamente uno snodo cruciale della storia i due testi sul problema del terrorismo, Piombo di Magdalena Barile e Figli senza volto di Ida Farè. Ma un altro modo di leggere un presente già proiettato nella storia era anche il truce affresco del declino dei legami parentali tratteggiato nel dittico Fine famiglia e Senza famiglia, entrambi della Barile. Specie il secondo, attraverso la figura di una nonna rivoluzionaria, introduceva comunque una riflessione sulle ideologie. La moda e la morte, lo spettacolo presentato di recente all’Elfo Puccini, dell’interesse per questa materia è in un certo senso l’emblema e la sintesi. La Barile parte qui dalle Operette morali, dal Dialogo della Moda e della Morte leopardiano, e nel paradossale confronto fra le due sorelle, figlie della Caducità, che governano i destini dell’uomo – l’una insinuandogli l’illusione dell’immortalità, l’altra rivendicando la propria supremazia – introduce altre presenze simboliche: la Storia, innanzitutto, raffigurata come una nipotina superficiale e capricciosa, che gioca con guerre e rivoluzioni. E poi il torbido e romantico amante di costei, l’attentatore di Sarajevo Gavrilo Prinzip, dal cui gesto nasceranno tutti gli eventi sanguinosi di un intero secolo. La Barile, che è un’autrice caustica, intelligente, tenta una cifra drammaturgica non troppo comune sui nostri palcoscenici: un apologo metaforico, una sorta di acre commedia filosofica che rilegge Leopardi con l’occhio funereo, pessimista – fatte le debite proporzioni – di un Heiner Müller che si aggira sulle rovine dell’Occidente. L’obiettivo è ambizioso: evocare la fine della Storia, o quanto meno la tendenza a ignorarne i moniti, in una società afflitta dalla perdita della memoria e dominata dal potere dell’economia e dei mercati. L’operazione è interessante, ma le riesce solo in parte: fra lampi di ferocia e rigidità didascaliche, il testo rischia di smarrirsi in un eccesso di astrazioni intellettuali, vuol dire molto, troppo, e diventa a tratti un po’ farraginoso. Detto questo, va anche aggiunto che la compagnia milanese si giova del confronto con una scrittura di un certo respiro. In questi anni, grazie all’incontro con la Barile, è progressivamente cresciuta e maturata, ha alzato il tiro. Nell’occasione il regista Aldo Cassano mostra una chiara cifra espressiva, tutta giocata su un grottesco esasperato: la scena è un visionario bric-a-brac di oggetti kitsch, teste mozze, bambolotti. L’interpretazione ruota intorno alla scelta di affidare il ruolo della Storia a un attore en travesti, l’esuberante Matthieu Pastore, che tratteggia un’oscena bambinaccia in tutù. Ma molto caratterizzata, sopra le righe, è anche la recitazione delle due lugubri sorelle: più spigliata, più lieve, come richiesto dalla parte, Natascia Curci nei panni della Moda, più fuori misura Benedetta Cesqui in quelli della Morte, mentre Fabrizio Lombardo è lo stralunato figlio del fanatismo politico.

puntoelineamagazine.it - Claudio Elli [...]una graffiante metafora del presente firmata da Animanera Cosa può avvenire quando due sorelle immortali, la Moda e la Morte, coabitano nello stesso appartamento? Cercano di governare insieme il mondo anche se sono divise dalla Storia, eterna bambina viziata, che non vuole studiare e si diverte a provocare conflitti, riportando per gioco protagonisti del passato quali Gavrilo Princip, il nazionalista serbo che uccise il 28 giugno 1914 l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este a Sarajevo. Un grande gioco scritto da Magdalena Barile e diretto da Aldo Cassano, che vede in scena Benedetta Cesqui e Natascia Curci nel ruolo delle due sorelle, uno straordinario Matthieu Pastore nei panni femminili dell’infante Storia e Fabrizio Lombardo in quelli di Gavrilo. Un testo ispirato dal “Dialogo della Moda e della Morte”, terza tra le Operette Morali di Giacomo Leopardi, dove le sorelle sono figlie della Caducità, madre che la Morte non ricorda poiché nemica della memoria. L’autrice esplora l’oblio della società contemporanea in cui non dimora una coscienza collettiva, ma solo l’individualità espressa dai social network e la persuasione occulta degli ambienti modaioli. Un’umanità dove la stessa Morte viene esautorata da una falsa vita, dominata dai flussi economici e stilizzata nella virtualità della linea telefonica, dove la Storia è un’entità ormai ignorata e non vi è più posto per idealismi ed eroi. Lo spettacolo, primo nella nuova stagione della rassegna Nuove storie, dedicata ai gruppi indipendenti ed emergenti, diverte con la sua ironia amara e nel contempo induce lo spettatore ad affrontare l’inconsistenza di un mondo senza più esprit vitale. L’ottimo cast riesce a trasferire con gag comiche, non scevre di riferimenti sulla seduzione, l’urlo di un’asociale cecità che può trasformarsi in anelito di speranza solo nella consapevolezza. Imperdibile.

Recensito.net - Adele Labbate Cosa succede quando Moda, Morte, Storia e Memoria si incontrano? A questo interrogativo tenta di rispondere la divertente commedia dalle tonalità noir “La moda e la morte”, un arguto spettacolo frutto della coproduzione tra Animanera e il CRT di Milano. Si tratta di un testo ben strutturato e con un obiettivo chiaro fin dall’inizio, quello di prendere coscienza e senza vergogna, di come oggi l’uomo abbia un’idea vaga della Grande Storia, soggiogato dal digitale e da tutte le conseguenze ad esso legate. Così in un appartamento governato dalla confusione e dal disordine più assoluto, le sorelle Moda e Morte, condividono il medesimo spazio governando il mondo. Tra loro una bambina viziata, la Storia, che gioca alla guerra e non vuole studiare. Protagonisti dei suoi giochi ed ospiti del soggiorno di casa sono attentati e rivoluzioni. Ma un giorno, nella loro monotona esistenza fa la sua apparizione un uomo spietato ma bello, la cui entità rimane ambigua, forse un eroe o forse un terrorista. Il risultato di certo è però uno: la sua presenza porta in casa scompiglio ed il fuoco della passione. Uno spettacolo interessante, una perfetta metafora della Babele della società odierna, una lucida analisi sociologica sullo stato confusionale dell’individuo, vittima del progresso, che non ha portato allo sviluppo ma ad un contesto in cui la tecnologia ha il sopravvento sui fatti. Brave ed intense le due interpreti femminili Benedetta Cesqui e Natascia Curci. In generale uno spettacolo che lancia al pubblico molti spunti di riflessione su un sistema in cui tutti ci sentiamo naufraghi perché il sistema stesso ci impone di cancellare la Storia. Ma può un uomo vivere senza Storia e vivere in balia della Moda? Il personaggio maschile non ben identificato, si sbilancia in un’affermazione forte, che forse ci lascia ben sperare, quando dichiara di essere innamorato della Storia e con la moda fa solo sesso. Come a volerci dire, va bene seguire il trend, ma l’importante è non perdere di vista gli accadimenti intorno a noi. Oggi nulla sembra libero e vivo, l’uomo deve trovare di nuovo il modo per trovare slancio nella vita e riprendersi ciò che gli appartiene per diritto naturale, la Libertà, evitando d’idolatrare progresso e tendenze. Solo così e con il supporto della Memoria, si potrà raggiungere lo sviluppo senza perdere di vista la propria identita.

Repubblica - Sara Chiappori Nell'operetta morale Dialogo della Moda e della Morte, Giacomo Leopardi le immagina sorelle [...] Magdalena Barile, autrice attenta a captare lo spirito del tempo, è partita da qui per La Moda e la Morte, traslando nel gioco drammaturgico l'impianto illuminista dell'operetta e la personificazione delle due entità astratte del titolo. Nello spettacolo diretto da Aldo Cassano per gli Animanera, sono Benedetta Cesqui e Natascia Curci che si annoiano nel loro salottino di fronzoli e reperti bric-à-brac, costrette ad accudire Storia (Matthieu Pastore in divertente en travesti), la nipote capricciosa e ignorante che allo studio preferisce la guerra e il fascino di Gavrilo Princip (Fabrizio Lombardo).

cultweek.com - Jacopo Zerbo Non ce ne rendiamo ancora conto, e probabilmente siamo destinati a non comprenderlo, ma di selfie si può morire. Non fisicamente, si capisce, non fra mille atroci spasimi, come usava una volta, ma in modo non meno micidiale e definitivo. Moda è solamente uno dei molti nomi che possiamo dare a questo personaggio che governa il mondo e gli uomini con inganni e lusinghe. La si può chiamare inconsapevolezza, ignoranza, persino paura della vita, volontà di non capire, di non sapere, di non sentire. E se questa forse è stata la malattia del Novecento, senz’altro fa molte più vittime in questo nuovo secolo. Assistendo a questo spettacolo ci potrà capitare di rimanere sorpresi di fronte a una verità in fondo semplicissima, e cioè che la morte, quella vera, è un principio molto più vitale di quell’altra presenza che riempie la maggior parte delle nostre vite, mentre in realtà le svuota, privandole di ogni significato. La Moda e la Morte, di Magdalena Barile, si propone fin dal titolo come figlio del leopardiano Dialogo della Moda e della Morte, e di questo riprende i temi di fondo, integrandovi la voce di un altro poeta, John Donne, a cui è affidata la frase fondamentale dello spettacolo: “Dopo un breve sonno, eternamente resteremo svegli, e sarà la Morte a morire”. Nella messa in scena di Aldo Cassano, con Benedetta Cesqui, Natascia Curci, Fabrizio Lombardo e Matthieu Pastore, ci troviamo in un salotto d’altri tempi che in realtà non è altro che la cabina di regia del mondo. Qui vivono la Moda e la Morte, due sorelle che forse non lo sono poi tanto, insieme alla loro nipotina, la Storia, una bambina vivacissima e gioiosamente inconsapevole, soprattutto di sé stessa. Siamo (si fa per dire) all’inizio del Novecento, e la morte governa incontrastata, mentre la Moda le fa da vassalla, cercando di attirarne l’attenzione e sminuendo l’importanza di quella bambina capricciosa e “socialmente inutile”. Ma la zia Morte la difende dicendo che “deve solo mettersi un po’ a studiare”. In questo ménage irrompe un uomo, Gavrilo Princip, l’assassino di Sarajevo, colui che dà il pretesto allo scoppiare della Grande Guerra. Da qui gli equilibri cominceranno a mutare, e alla fine, dopo le torri gemelle e la crisi economica, la Morte si ritroverà invecchiatissima, con le forbici ormai arrotondate, e la Moda salirà al trono, avendo modellato un mondo in cui se fai qualcosa peggiori le cose, e allora puoi solo smettere di vivere, che non è come morire, ma è peggio. Il testo di Magdalena Barile trasmette in maniera molto evidente la necessità di far passare un messaggio, ma quest’urgenza si risolve spesso in un affastellamento di concetti e sentenze, che si susseguono con un ritmo tale da costringere lo spettatore ad assimilare il senso di una metafora mentre già un’altra si presenta alla sua attenzione. In questo modo il testo risulta talvolta, forse in modo involontario, un po’ compiaciuto di sé stesso. Infatti l’ambigua alleanza, così piena di interessi contrapposti, che si realizza in scena fra la Moda e la Morte, ha un riflesso all’interno degli equilibri stessi dello spettacolo, dove possiamo percepire una lotta, sia a livello testuale che registico e interpretativo, fra il Cosa, il senso ultimo di ciò che si viene a dire, e il Come, il mezzo di trasmissione di tale significato. E allo stesso modo in cui la Moda alla fine prevale sulla Morte, il Come tende in questa messa in scena a ritagliarsi uno spazio troppo grande, attraverso effetti di luce e sonori quasi invasivi, che si sforzano di stupire, quasi di aggredire lo spettatore, e anche in certi luoghi del testo che, volendo essere una “commedia nera”, cerca degli squarci di comicità che spesso risultano degli inserimenti un po’ forzati, estranei al corpo principale. Ma a parte ciò, lo spettacolo riesce perfettamente nell’obiettivo di farci tremare le vene e i polsi al pensiero che la Morte, la paura più grande che ha dominato da sempre la vita dell’uomo, sia già stata rimpiazzata dalla sua sorella cattiva, la Non – Vita, e che gli Asburgo a cui oggi dovremmo ribellarci, a costo della vita, siano la mancanza di memoria e l’immobilità del tempo, per cui non serve più morire, perché si nasce già morti.

thedummystales.com - Francesca Interlenghi Due sorelle che si amano e si odiano. Che litigano e fanno pace. Che dividono un appartamento dal quale governano il mondo. Intente a fare e disfare le cose di quaggiù. Sono la Moda e la Morte, figlie della Memoria, parenti strette della Caducità. Sono espressione tangibile di quel divenire che investe tutte le cose umane e le rende per questo transitorie ed effimere. Sono due facce della stessa realtà. Perché quando la Caducità travolge i corpi ecco che si svela la Morte. Quando la stessa travolge i costumi ecco che si svela la Moda. In mezzo a loro la Storia, una bambina capricciosa, che non vuole ascoltare e non vuole studiare, che gioca alla guerra e ha per amici certi schifosi animaletti. “Una bambina strana, anche nel corpo, che fa cose altrettanto strane. Ma il tratto bellissimo di questo personaggio” racconta l’attore Matthieu Pastore che la interpreta “è la sua fame di vita, di nuovo, la sua evoluzione, perché è una bambina che cerca di diventare una donna senza però mai poterlo essere.” Battaglie, attentati, rivoluzioni si susseguono come fossero apparizioni invisibili fino a quando un uomo bello e fiero, eroe o terrorista chi può dirlo, irrompe nell’abitazione muovendo le figure femminili a irrefrenabile passione. Lui è Gavrilo Princip il rivoluzionario serbo che a Sarajevo assassinò l’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria, erede al trono dell’Impero austro-ungarico, diventando quindi la causa scatenante della prima guerra mondiale. Così tremendamente seducente che le tre decidono di tenerlo in casa e di designarlo insegnate della Storia. Ma in breve tempo se ne innamorano perdutamente: la Moda perché è un uomo bellissimo, la Morte perché lo vuole uccidere, la Storia perché è appassionata e questo amore in qualche modo la eleva. Tratto dall’operetta morale di Giacomo Leopardi “Dialogo della Moda e della Morte” del 1824, nella riscrittura della bravissima e giovanissima drammaturga Magdalena Barile la pièce supera l’impronta tipica del dialogo illuminista costruito sulla personificazione di due entità astratte. E ci restituisce una commedia dai tratti noir, profonda, intelligente, ironica, condotta in maniera impeccabile dal regista Aldo Cassano, che racconta della percezione sempre più confusa che abbiamo della Grande Storia e di come l’immaginario individuale tenda a prendere il sopravvento sui fatti reali specie in un’epoca, quella attuale, così digitale e mediatica. “Tutta la narrazione si svolge dentro un contesto più ampio che è il contesto storico appunto.Vengono evocati fatti quali l’atterraggio sulla Luna, la tragedia del Word Trade Center, il secondo conflitto mondiale. Solo evocati, senza la pretesa di dare risposte, solo con l’intento di lasciare allo spettatore degli spunti di riflessione. Lo spettacolo vuol essere un modo per interrogarsi su queste tre figure della contemporaneità. E, se dovessi tirare le somme, direi che in passato la Morte era forse un po’ più forte rispetto alla Moda, c’era forse una consapevolezza maggiore del fatto che tutto fosse destinato a finire. Mentre oggi la Moda, che ha così grande fame di potere, sembra voler annientare anche la memoria, cancellare quasi la storia.”

ilfattoquotidiano.it - Tommaso Chimenti Ha colpito “La moda e la morte” del gruppo Animanera proposizione di un teatro che si fa frontale ed al tempo stesso verticale, ascisse in un territorio dove sembra mancare la profondità spaziale. In questo incrocio figure bianche ed evanescenti, la Morte su un’altalena, la Moda tra teiere e tazzine da Alice nel Paese delle Meraviglie, la Storia menomata che tutto distrugge per noia, l’Economia che fa calcoli sul sangue versato. Scendono dall’alto sorprese in questo incavo del Tempo, in questa enclave dove si decidono le sorti dei piccoli uomini sciagurati: delicato e tagliente.

Krapp's Last Post - Mario Bianchi Ne "La Moda e la Morte" è invece Magdalena Barile a mettere in scena per Animanera, in una specie di apologo corrosivo ambientato nella scena senza tempo di Valentina Tescari, ancora la Morte, qui in compagnia curiosa con la Moda, che insieme, senza successo, cercano di educare la Storia, [...], che continuamente si ribella, soggiogata com'è dall'Economia.